Ieri mi sono affacciata in una città ventosa, invitata a parlare del mio libro sulle radici di un mito letterario dei nostri tempi. Presentazione de La leggenda di Elena Ferrante ad Assisi, al Palazzo dei Priori, sede storica del municipio, con Stefania Proietti, Veronica Cavalucci e Gabriella Mecucci.
Viaggio lampo, qui spedisco una cartolina un po’ diversa da quella della città di Chiara e di Francesco, capitale globale del mondo francescano, dove giganteggiano il convento dei frati minori e la basilica con il più famoso ed emozionante ciclo di affreschi di Giotto.
Mi sono affacciata solo nella città laica, con le sue sedi istituzionali e gli usi civici. Il Palazzo è la casa acquistata nel 1320 dai Priori, i rappresentanti delle corporazioni, delle arti e dei mestieri, per il governo della città. Oggi è il municipio, un posto accogliente e austero: niente saloni enormi, niente sfarzo, il potere abita in una casa signorile dove si è reso accessibile, parlarci è possibile, basta salire le scale. Costruito con la stessa pietra bianco-grigia che regala alla città eleganza e luce, il Palazzo dei Priori ha una bella vetrata sulla valle. La Sala della Conciliazione, dove ci siamo incontrati, è quella del consiglio comunale.
La padrona di casa si chiama Stefania Proietti, una signora quarantenne appena rieletta sindaco: è ingegnere meccanico e docente universitaria, si occupa di sistemi energetici e tecnologie per la riduzione delle emissioni dei gas serra, è madre di due figli, ha guidato due liste civiche ed è al secondo mandato con un’amministrazione di centro sinistra. Con lei c’è Veronica Cavalucci, l’assessore alla scuola e alla cultura, che ha poco più di trent’anni. Come in una piccola Finlandia, Assisi si è scelta una classe dirigente di donne e di giovani. Il compito di condurre il nostro incontro con i ragazzi delle associazioni culturali è stato affidato a Gabriella Mecucci, direttrice della rivista Passaggi Magazine, sua la recensione che pubblico qui.
Sulle tracce della nascita di un mito – di Gabriella Mecucci
Ci vuole un bel coraggio a confrontarsi con una leggenda e col mistero che la alimenta; e insieme con uno dei pochi best seller internazionali made in Italy e con la fiction Rai più amata e più vista.
Annamaria Guadagni ha affrontato il “fenomeno letterario” Elena Ferrante con discrezione ma anche con sprezzo del pericolo. Ha percorso in largo e in lungo L’amica geniale, ha passeggiato per i mondi che evoca, per i luoghi dove si muovono le protagoniste, Lila e Lenù. Ha attraversato la Napoli del mitico rione Luzzati, dell’elegante Via della Chiaia, delle librerie antiquarie un tempo frequentate da Benedetto Croce. Ha toccato Ischia, si è immersa nell’isola di Luchino Visconti, in quello che è stato il set di grandi film e dei pettegolezzi che portano con loro. E poi è approdata a Pisa alla Scuola Normale. Un lungo viaggio fatto con curiosità e con leggerezza, cogliendo la trama più intima, l’intrinseca poeticità dei luoghi e di chi li popola. E così, grazie all’uso sapiente della sua cassetta di strumenti – da cronista e da scrittrice – Guadagni ci conduce dentro il mistero di un’opera letteraria. Il libro s’ intitola La leggenda di Elena Ferrante ed è edito da Garzanti.
Per la verità di misteri ce n’è più d’uno. Innanzitutto quello più famoso e indagato: chi si nasconde dietro lo pseudonimo di Elena Ferrante? Chi è questa straordinaria scrittrice di “Neapolitan novels”, come l’ha definita il New York Times?
La risposta più probabile è che ci siano due persone dietro la mitica firma: Anita Raja e suo marito Domenico Starnone. Ma potrebbe esserci stata anche un’altra scrittrice napoletana: Fabrizia Ramondino. E altre ipotesi sono sbocciate anche su un secondo mistero: l’origine dello pseudonimo. Perché la scelta è caduta su Elena Ferrante? Una allitterazione da Elsa Morante? O il ricorso al nom de plume che usava Elena Croce nelle sue recensioni?
Guadagni indaga gli arcani, ma il suo scopo vero è raccontarli più che svelarli. Quello di cui è sicura è che il sesso dell’autrice sia femminile: “Solo una donna poteva descrivere così il rapporto fra donne”.
Forse Elena Ferrante è “una fucina d’arte”, un’insieme di voci che si alzano dalle strade di Napoli e che confluiscono in una o più penne.
Del resto Napoli è uno dei luoghi più “letterari” d’Italia, teatro di straordinari romanzi, capace di ispirare grandi scrittori del Novecento: da Curzio Malaparte a Anna Maria Ortese, da Raffaele La Capria a Domenica Rea. Per non dire dell’immenso Eduardo. Ed è anche una delle città italiane più europee e più cosmopolite. Forse per questo le sue voci, raccolte ne L’amica geniale, raggiungono e affascinano il mondo anglosassone. O forse perché da questo mondo Elena Ferrante trae ispirazione. C’è chi vede sullo sfondo la penna di Dickens. La sua capacità di scavare nei luoghi, nelle voci, nei drammi della Londra vittoriana. Così come Ferrante scava nella Napoli del dopoguerra. O chi – Annamaria Guadagni condivide questa lettura – individua la grande madre del best seller italiano in Louisa Alcott e nel suo immortale Piccole donne: nel modo in cui questo romanzo di formazione indaga il rapporto fra sorelle, fra madre e figlie, fra amiche. Storie di bambine, di adolescenti, di ragazze raccontate con un linguaggio semplice, immediato, popolare. Storie di un mondo al femminile.
Se è così, sapere chi c’è dietro ad Elena Ferrante diventa poco rilevante. Il giallo cede il passo alla leggenda e alle ragioni per cui è nata. Questo è il mistero che Guadagni ci aiuta a svelare. E il racconto delle sue scoperte diventa il romanzo del romanzo.
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Infine grazie ad Anna Mossuto, che è stata direttrice del Corriere dell’Umbria e che oggi cura la comunicazione del Comune di Assisi. Anna è un’appassionata lettrice dei romanzi di Elena Ferrante e ha curato la realizzazione del nostro incontro.