A tutti coloro che almeno una volta nella vita hanno pensato all’improvvisa ascesa di una donna, in potere o carriera, come esito di particolari abilità seduttive o di chissà quali intrighi e servitù di uomini potenti, tenuti al guinzaglio grazie a innominabili pratiche sessuali. A tutti coloro che sono curiosi delle prerogative del potere, vizi e virtù. A chi vuole esplorare la forza dei legami che le donne sanno, nel bene e nel male, stabilire tra loro è fortemente consigliato leggere questo libro.
Si regalavano infamie. Antonina e Teodora le potenti di Bisanzio, scritto da Liliana Madeo e pubblicato da Tullio Pironti editore, racconta in modo non convenzionale scena e retroscena della corte imperiale bizantina del VI secolo dopo Cristo.
La prima cosa che si scopre è la più ovvia: l’esercizio delle malelingue è uno degli sport più antichi del mondo e l’hanno praticato anche gli storici, non solo i pettegoli o quelli che si sono sentiti danneggiati dall’alto ruolo inopinatamente raggiunto da una femmina. Ecco allora Procopio di Cesarea, cronista nella Bisanzio di Giustiniano – capitale soffocata da congiure, conflitti religiosi, scontri e rivalità – spingersi al limite della diffamazione. Attribuendo alle due potenti di corte la capacità di regalarsi infamie, cioè di commettere crimini di ogni genere pur di raggiungere i loro scopi e sostenersi a vicenda.
Le scellerate di cui si parla avevano conquistato con la loro dissolutezza il letto di uomini importanti e di lì l’accesso al comando. Erano Teodora, la Basilissa moglie dell’imperatore detta anche l’Augusta; e con lei Antonina, moglie del generale Belisario. Due avventuriere dalla vita rocambolesca, legate da uno scandaloso patto di complicità.
Teodora era figlia di un guardiano d’orsi, attrice, mima, ballerina, si diceva avesse fatto la prostituta, era stata l’amante di Giustiniano che, diventato imperatore, l’aveva poi sposata perché ne era innamorato. La sua discutibile consorte aveva viaggiato in Oriente, dove aveva conosciuto teologi e maestri di dottrina ed era diventata monofisita. Antonina era invece figlia di un auriga, vedova di un mercante di Antiochia e madre di molti figli: non era giovane né bella, era abilissima e capace di ordire intrighi e nefandezze. Teodora aveva convinto l’imperatore a darla in moglie al generale Belisario per meglio controllarlo. E così, regalandole un rango sociale inarrivabile, aveva ottenuto in cambio la fedeltà di lei. Antonina mantenne il patto e si prese come amante un ragazzo, il figliastro, mentre il generale Belisario, che si lasciava consigliare dalla moglie fattrice della sua carriera, chiudeva un occhio.
Il romanzo storico di Liliana Madeo, autrice di molti libri alcuni dei quali focalizzati sulla relazione delle donne con il potere o con il crimine, si apre con la morte di Antonina: si era suicidata o l’avevano uccisa perché aveva scoperto qualcosa di losco? Il racconto per sapere come era morta e chi era veramente la moglie di Belisario, quali erano i suoi rapporti con la Basilissa, se le malelingue dicevano il vero e se le cronache di Procopio erano attendibili o solo un cumulo di menzogne, è qui affidata a Giovanna, l’unica figlia di Antonina.
E così la storia dimenticata delle potenti di Bisanzio torna con una documentatissima ricostruzione di un tempo segnato dalla guerra contro i Goti che premono a Occidente mentre, a Oriente, i conflitti religiosi minano l’unità dell’impero. Uno scenario storico tempestoso che si mescola alla crudeltà e alla spregiudicatezza degli intrighi di corte, di cui le potenti di Bisanzio furono abili registe.
Con l’aiuto militare di Belisario, e con la complicità di Antonina che nelle missioni fu sempre a fianco del marito, Teodora salvò il trono di Giustiniano e fece deporre un papa. E benché l’Augusta fosse “somma creatrice di spudoratezza” e “abominio del trono” fu l’ispiratrice del disegno politico che rese grande Costantinopoli e produsse importanti riforme sociali. Migliorando le leggi sulla famiglia e sulla condizione femminile, la vita dei poveri, degli anziani e degli orfani; contrastando la vendita delle bambine, avviate al mercato del sesso, e la persecuzione di omosessuali e prostitute, cui venne offerta la possibilità di affrancarsi.
L’ambivalenza del reale ha qualcosa di grandioso e l’innocenza storica, dopo tutto, non esiste. Figurarsi quella dei potenti. Le potenti, poi, sono rare e scandalose eccezioni. Sopravvivono con enorme fatica, talvolta ricorrendo a mezzi impropri, e sono le narrazioni successive a spostare l’accento sul lato scuro o su quello lucente della moneta. Chi era veramente Teodora che fece di Antonina la sua longa manus e forse anche la sua prigioniera? Guardate i meravigliosi mosaici dorati che si trovano nella Basilica di San Vitale a Ravenna. Il dettaglio con la Basilissa ieratica, coperta di gemme e avvolta da un manto di porpora, è qui riprodotto in copertina: l’espressione è malinconica, destinata a restare impenetrabile, bidimensionale e misteriosissima. Se cambia la luce, cambia colore.