Se un’ indovina mi avesse predetto che La leggenda di Elena Ferrante sarebbe stato tradotto in Cina, avrei fatto una gran risata. Invece è andata così e certamente si deve al successo dell’Amica geniale che ha fatto il giro del mondo. Saga e serie tv tratta dai romanzi di Elena Ferrante hanno avuto in Cina un’attenzione tale da registrare 350mila giudizi favorevoli sul sito Douban.com, dove si condividono informazioni, recensioni e suggerimenti su libri, film, musica … Dunque è naturale che sull’autrice, su Napoli, sul mondo e sulle storie che hanno nutrito la sua e la nostra immaginazione si voglia sapere di più.
La leggenda di Elena Ferrante è edito da China Publishing House e voglio subito ringraziare Cherie Joie, che ne ha curato la pubblicazione, e la traduttrice Chen Ying, docente di italiano all’Università di Studi Internazionali del Sichuan, a Chongquin, che ha tradotto in cinese Ferrante e molti altri autori e autrici italiane (da Boccaccio a Umberto Eco, da Natalia Ginzburg a Maraini e Baricco) ed è stata premiata come miglior traduttore dell’anno nel 2022.
Vedere La Leggenda in abito cinese – molto femminile: copertina con colori nella scala dei rosa e l’acquerello di un volto senza lineamenti ma con contorni e acconciatura chiaramente orientali – è stata un’emozione. Un libro viaggia con un “guardaroba” disegnato a seconda dei paesi e delle lingue che lo trasportano nel mondo. È bello che sia così. La pubblicazione della Leggenda è stata per me occasione di un viaggio a Pechino e di lì attraverso la Cina, nello Shaanxi e nel Guangxi fino a Shanghai: ho scritto un reportage con le mie impressioni di viaggio, lungo un percorso con mete turistiche celebri, che uscirà presto.
Qui voglio parlare della presentazione del libro a Pechino, all’Istituto italiano di cultura. E ringraziare il professor Federico Roberto Antonelli, che lo dirige, per aver inserito questo incontro nel programma della XXIII Settimana della lingua italiana nel mondo e l’ambasciatore Massimo Ambrosetti, che ci ha accolto e ha partecipato con un suo intervento. Un’altra italianista, Li Jingjing, docente di lingua e letteratura italiana all’Università di Studi Internazionali di Pechino, ha condotto l’incontro e fatto da interprete. Il pubblico era per me interessantissimo: ragazze e ragazzi che studiano italiano e amano la nostra letteratura. Sulla presentazione segnalo a questo link un articolo di China Daily, edizione di Hong Kong
Mi ha molto colpita la curiosità del pubblico cinese per Napoli, la città amata e odiata da Ferrante. La città-mondo stratificata, che porta dentro di sé varie epoche e un conflitto storico permanente tra le élite e la plebe, tra la bellezza esagerata del golfo e il buio dei vicoli dove non arriva il sole, tra progetti avveniristici e organizzazioni criminali. Dove ieri e domani sono in lotta, o in un perenne precario equilibrio tra passato e futuro. Una città identitaria, che non si può rinnegare perché lascia segni incancellabili, dove le passioni ardono in modo teatrale e, insieme, dove si sperimentano modi di essere e di produrre avveniristici. Questa città, che vive nei romanzi di Ferrante, vista da qui sembra incredibilmente attraente ed “esotica”. Il pubblico cinese, che maneggia emozioni e sentimenti con timidezza ed è storicamente educato a non mostrarli, mi è sembrato profondamente toccato dall’estrema franchezza di Ferrante nell’esprimerli e analizzarli, anche quando sono aspri e imbarazzanti.
L’altro aspetto, ancora più importante, è l’interesse delle lettrici per la formazione dell’identità femminile, per il desiderio di studiare, per la lotta per esprimersi e trovare un posto nel mondo fuori dal guscio di una femminilità tradizionale avvertita come oppressiva e limitante. Il legame tra le ragazze geniali, fatto di solidarietà e rivalità, di profonda amicizia e di conflitto, suscita grande attenzione in un contesto che oggi sembra caratterizzato da una spinta potente all’autorealizzazione femminile. È un femminismo sottopelle, che noi da qui non riusciamo ancora a vedere, e che invece è fortissimo.
È stata, per me, un’esperienza entusiasmante incontrare un pubblico così interessato e rispondere a domande coraggiose e intelligenti. Ho chiesto a Chen Ying come ha risolto – traducendo L’Amica geniale – il problema della tensione tra lingua e dialetto che si trova nel testo e se ha fatto ricorso a qualche slang cinese. Mi ha risposto di aver a lungo riflettuto per poi convincersi che sarebbe stato assurdo introdurre un qualche dialetto, per esempio del Sud della Cina, in un testo così chiaramente letterario. Dunque, nel contesto della lingua più propriamente letteraria, ha introdotto registri e toni diversi più vicini al parlato e alla lingua della strada.
P.S. Naturalmente si è discusso anche dell’identità dell’autrice che da trent’anni pubblica con questo nome. Chi ha letto il mio libro sa che considero Ferrante una “persona letteraria”, un personaggio, una voce interna ai romanzi, una creazione che non corrisponde necessariamente a una persona fisica. Giusta o sbagliata che sia questa tesi, ne abbiamo parlato con passione.